doc Equipollenza tra il credere e il non credere
_ scritto il 08.02.2012 alle ore 13:10 _ 3814 letture
Uno dei più grossi cavalli di battaglia nell'eterna denigrazione degli atei da parte dei credenti è l'assunto - pressoché universale nei secondi - che anche il non credere sia un atto di fede perfettamente equivalente. Secondo il mio personalissimo parere non è affatto così. Le due cose non sono equiparabili allo stesso modo e la chiave è la probabilità.

Stiamo infatti confrontando due fatti che hanno una scala di oggettività completamente diversa. Da una parte abbiamo un essere supremo, onniscente, onnipresente, onnipotente, che avrebbe creato tutto - e che quindi sarebbe per definizione molto più complesso di qualsiasi cosa abbia il potere di creare. Ad avvalorare l'esistenza delle numerose versioni e caratterizzazioni di questa entità, cui fanno capo le diverse religioni presenti al mondo, non è mai stata prodotta alcuna prova scientificamente valida. Al contrario esistono numerosi studi sul comportamento tipicamente umano di creare qualcuno/qualcosa a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà o per spiegare fenomeni non comprensibili, per non parlare della portata delle religioni e della loro capacità di diffusione, e anche dell'indottrinamento a cui vengono sottoposti i bambini.

Quindi da un lato ci sono una valanga di prove che dimostrano in modo incontrovertibile l'origine dell'uomo, della vita e della Terra, e anche di studi e teorie che cercano di andare oltre per comprendere i molti misteri del nostro Universo. Dall'altro invece troviamo una commistione di credenze, superstizioni, asserzioni avvalorate da dogmi e motivazioni assolute accettate in modo aprioristico, come "perché è così", "perché ci credono tutti", "perché lo dice la Bibbia", "perché se non è spiegabile è opera di Dio", e via discorrendo.

Per quale oscuro motivo l'ammissione totalmente preconcetta dell'esistenza di una qualsiasi cosa dovrebbe avere un valore pari all'accettazione della sua inesistenza o in ogni caso della sua altissima inverosimiglianza?
Non credere non è affatto un atto di fede, altrimenti sarebbe un atto di fede non credere a qualsiasi cosa di non dimostrato. Io non credo che ci sia un enorme tostapane che ruota intorno alla terra, o in ogni caso sono convinto che sia piuttosto improbabile; è forse un atto di fede questo?

Il giorno in cui qualcuno mi porterà una prova tangibile dell'esistenza di qualsivoglia entità superiore, sarò ben felice di accettarla. Ma a quel punto non sarà più religione, ma scienza.
Darsch
_ chiavi di lettura:religione, fede, superstizione, ateismo, razionalità, evoluzione, scienza

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_ Commento di Darsch _ profilo
_ scritto il 08.02.2012 alle ore 13:20
Altra analogia: è come se la parola di un omeopata, ovvero un tizio che spaccia pilloline di zucchero a prezzi astronomici, avesse la stessa valenza di quella di un vero medico. Anche in questo caso gioca un ruolo fondamentale l'ignoranza, perché se una persona intelligente fosse a conoscenza dei veri meccanismi che si celano dietro l'omeopatia, penso proprio che smetterebbe immediatamente di buttare via i suoi soldi.
_ Commento di Rigel _ profilo
_ scritto il 08.02.2012 alle ore 13:21
Perfettamente d'accordo. Se devo dirla tutta mi aspettavo qualcosa di più... estremista, forse. Non so, il titolo e le prime due righe mi avevano dato quell'impressione.
Invece quel che hai detto lo trovo sensato, coerente e logico. Nulla da eccepire.
_ Commento di Il_Gobb _ profilo homepage
_ scritto il 11.02.2012 alle ore 14:04
Il Darsch è un buono: il figlio di cane con l'attitudine nazista sono io ;)
_ Commento di Darsch _ profilo
_ scritto il 11.02.2012 alle ore 14:29
Beh ma è una tipologia di discorso in cui l'estremismo forse risulterebbe sconveniente. Dite si no? :D Voi come l'avreste impostato? :P
_ Commento di Il_Gobb _ profilo homepage
_ scritto il 16.02.2012 alle ore 09:50
Chi crede senza prove si comporta da sempliciotto e stop. Non un crimine, c'è sempre tempo per istruirsi, ma se si evita di farlo preferendo i propri sentimenti personali alla conoscenza del reale allora ci vado giù duro.

Dato che chiedi, se avessi scritto io un articolo simile avrei insistito su un punto: chi sostiene che la mancanza di credenza significhi commettere un atto di fede non si dimostra in grado di comprendere come sia possibile pensare senza credere. Quindi abbiamo davanti un individuo a responsabilità limitata, una sorta di minus habens guidato dal pensiero magico che, ed è questa la cosa più grave, presume di essere normale, ergo che TUTTI siano come lui. Se fai così sei
1) molto stupido (non una colpa) o
2) molto ottuso (nel senso della chiusura mentale: anche qui, non una colpa) o
3) molto ignorante (questa è una colpa: in Italia esistono le biblioteche pubbliche) o
4) consapevolmente bugiardo e fiero di esserlo.

Nel primo caso (per fortuna, almeno nella mia esperienza, rarissimo) spiegare è spesso inutile. Nel secondo bisogna farsi strada col ragionamento attraverso sedimentati strati di chiusura mentale e un habitus di cieca irrazionalità: faticoso ma possibile.
Nel terzo caso si può suscitare curiosità, che porta sempre a un miglioramento della conoscenza.
Nell'ultimo caso non cè assolutamente nulla da fare, ovvio.
_ Commento di Darsch _ profilo
_ scritto il 18.02.2012 alle ore 18:59
@Il_Gobb - parole sante (!!!), tuttavia ho preferito trattare l'argomento in generale, senza soffermarmi in modo particolare sul singolo individuo. Ma la tua analisi è perfetta direi.

Tra l'altro mi piacerebbe molto leggere - e magari ospitare - un tuo post/articolo/trattato/quellochetepare sulle origini e lo sviluppo, a livello sociologico, del "bisogno" di credere che ha accompagnato l'uomo nel corso della sua storia. Se l'hai già fatto mi cospargo il capo di cenere. :P
_ Commento di Darsch _ profilo
_ scritto il 18.02.2012 alle ore 19:09
Ah poi ci sono quelli, fantastici tra l'altro, che dicono: "io sono un po' scettico in fondo, però alla fine ci credo lo stesso perché non si sa mai, metti che esiste sul serio almeno sono a posto!". xD
Se esistesse un essere onniscente pensano di fregarlo con questi trucchetti? :D
Vabbeh...

Io aggiungerei anche gli "intellettualmente pigri" e ci infilerei quelli che ci credono per "abitudine", o per tradizione, o perché "è sempre stato così, me l'ha insegnato la mamma/nonna/bisnonna". Sono quelli che lo prendono come un dato di fatto, che non vogliono ragionarci sopra per paura di giungere a conclusioni che li farebbero andare contro corrente rispetto alla massa, ma che non per questo non avrebbero l'intelligenza per capire (anzi). Diciamo una via di mezzo tra il tipo 2 e il 3.
_ Commento di Il_Gobb _ profilo homepage
_ scritto il 22.02.2012 alle ore 14:36
Potrei scrivere al massimo un articoletto divulgativo, e anche così sarebbe terribilmente lungo, impreciso e noioso, penso... al limite potrei dare la mia opinione suffragandola qui e lì con qualche consiglio di lettura ^___^

Anche perché l'antropologia e la sociologia incrociano le armi con la religione dalla fondazione delle discipline. "Teoria generale della magia" è un testo seminale per capire come mai crediamo. Poi c'è Durkheim con "Le forme elementari della religione", Evans-Pritchard col suo lavoro sui Nuer, ma anche Radcliffe-Brown. Molto interessante (e decisamente vicino alle mie posizioni) "Magia, scienza, religione" di Malinowski, che analizza la prima e l'ultima come il "wishful thinking" che sono.

Per metterla moooooolto in breve, magia e religione sono patetici tentativi di un branco di scimmie di ottenere un maggior controllo sul un mondo percepito come schiacciante ^_____^
_ Commento di Darsch _ profilo
_ scritto il 22.02.2012 alle ore 16:07
@Il_Gobb - noioso non direi proprio. :P
Comunque corri a twittare l'ultima frase, così la retwitto. xD
_ Commento di Il_Gobb _ profilo homepage
_ scritto il 22.02.2012 alle ore 21:41
Vado a twittare :D
_ Commento di Il_Gobb _ profilo homepage
_ scritto il 22.02.2012 alle ore 21:44
Twittato!
_ Commento di Darsch _ profilo
_ scritto il 22.02.2012 alle ore 21:56
Compreso il refuso :D

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