Pesticidi sul cibo

pesticidi-mela-200Mentre scrivo sto mangiucchiando una mela (ricordate il detto? «Una mela al giorno toglie il medico di torno». Non so se sia vero per le mele in particolare, ma consumare molta frutta fresca è sicuramente benefico). La mangio senza sbucciarla. Forse sulla buccia, nonostante l’abbia lavata, sono ancora presenti residui di pesticidi e altre sostanze chimiche utilizzate per la sua coltivazione. Mi dovrei preoccupare? Si sente e si legge di tutto al riguardo: che non si dovrebbe comperare frutta «trattata», e che addirittura i pesticidi utilizzati siano cancerogeni. La paura dei residui di pesticidi nel cibo è abbastanza diffusa, e probabilmente è anche per questo che negli ultimi anni gli alimenti da agricoltura biologica hanno aumentato le loro quote di mercato e godono del favore di molti consumatori. Ne abbiamo parlato spesso in questo blog nei commenti a vari pezzi ma mai in un articolo dedicato. Per festeggiare la sesta ristampa :-D del mio libro “Pane e bugie”  ho pensato di riportare qui la sezione dove fornisco qualche cifra sui residui di pesticidi che possiamo ritrovare nei cibi.

L’agricoltura moderna fa largo uso di sostanze chimiche per proteggere le colture da infestanti e parassiti. Queste sostanze vengono collettivamente identificate dal termine pesticidi o, più correttamente, fitofarmaci. All’interno di questa famiglia troviamo varie classi: erbicidi per eliminare le piante infestanti, insetticidi per proteggere dagli insetti, fungicidi e così via. Queste sostanze sono strettamente regolamentate. Alcune sostanze si possono usare solamente per determinate colture e in dosi ben specificate, In più l’agricoltore deve rispettare i cosiddetti “tempi di carenza”. Il tempo di carenza è l’intervallo di tempo di sicurezza che deve intercorrere tra l’ultimo trattamento con una determinata sostanza e la raccolta del prodotto vegetale.

Il rispetto dei tempi di carenza serve a garantire la salubrità delle derrate alimentari in commercio lasciando il tempo al pesticida di degradarsi e di ridurre la propria concentrazione sul prodotto alimentare.  La gran parte di queste sostanze non sono utilizzabili dall’agricoltore che coltivi in modo biologico.

In Europa la produzione di alimenti biologici è disciplinata dal Regolamento CEE n. 834/2007.

Secondo quei PANE E BUGIE 6 ed bg2188_imgprincipi la protezione delle colture da insetti, piante infestanti, funghi o altro deve essere fatta senza l’ausilio di pesticidi di sintesi ma solo utilizzando quelli di origine naturale (ad esempio la famiglia di molecole chiamate piretrine oppure su alcune colture il rotenone), oppure sostanze prodotte da batteri, come lo spinosad, o anche i batteri stessi, come il Bacillus thuringiensis e altri microrganismi. Si impiegano poi anche alcune sostanze tradizionalmente utilizzate quali il solfato e l’idrossido di rame (anche se ovviamente sono prodotti chimici industriali), lo zolfo, la paraffina, alcuni oli minerali e così via. Abbiamo già discusso del fatto che “naturale” non necessariamente significa “innocuo” e di come la distinzione dal punto di vista chimico abbia poco senso. L’impatto ambientale di alcune di queste sostanze è tutt’altro che trascurabile. Il rotenone ad esempio, per via della sua tossicità, è in via di eliminazione dai protocolli di coltivazione biologica mentre i sali di rame sono sostanze tossiche che non vengono eliminate facilmente nel terreno, e sono ampiamente utilizzati ad esempio nella coltivazione della vite.

Esistono poi dei rari casi in cui anche all’agricoltore biologico è concesso utilizzare sostanze normalmente non permesse. Ad esempio quando vi è un incombente pericolo per le coltivazioni. Oppure quando le autorità nazionali impongono la cosiddetta “lotta obbligatoria” verso particolari parassiti.

Comunque, è indubbio che l’agricoltore biologico abbia meno “armi” (e meno efficaci) a sua disposizione per proteggere le proprie piante rispetto al collega agricoltore tradizionale ed è anche per questo che l’agricoltura biologica è considerata da molti “amica dell’ambiente”.

Il consumatore di cibi biologici non si aspetta di trovare residui di pesticidi di sintesi (non è detto che sappia che si possono usare pesticidi naturali) e ritiene, per questo motivo, che questi alimenti siano più “sicuri”. Un sondaggio di Eurobarometro riporta che il 28% dei cittadini europei  si ritiene “molto preoccupato” per i residui di pesticidi nella verdura, nella frutta e nei cereali. Il 42% si dichiara “abbastanza preoccupato”. In Italia queste percentuali sono addirittura del 37% e del 49%, rispettivamente.

La legislazione (sia europea che nazionale) stabilisce il limite massimo di residui riscontrabile sui prodotti in commercio. Questi limiti, indicati con MRL (Maximum residues levels)

sono i limiti superiori legalmente autorizzati della concentrazione di residui dei pesticidi all’interno o sulla superficie di alimenti o mangimi. Tali limiti si basano sulle buone pratiche agricole, che prevedono l'utilizzo dei pesticidi consentiti a un livello minimo, necessario per assicurare una protezione fitosanitaria efficace.

Questi valori di soglia sono spesso interpretati dal consumatore come soglie di sicurezza tossicologica. Questo è sbagliato, come ci ricorda l’EFSA

Nella maggior parte dei casi queste soglie sono ben al di sotto dei livelli tossicologicamente accettabili. Se su un determinato alimento viene riscontrato un residuo di pesticida inferiore al MLR, il prodotto è considerato sicuro per la sicurezza del consumatore. D’altra parte, se i residui eccedono i limiti di legge, non significa necessariamente che la salute del consumatore sia a rischio. In questo caso è necessario fare una stima dell’esposizione probabile e confrontare questi dati con I valori di riferimento tossicologici, al fine di stabilite se il cibo pone un rischio sanitario al consumatore.

Limiti per il bio

pesticidi-spinosad2È importante chiarire che le colture biologiche non sono sottoposte a livelli più restrittivi di pesticidi rispetto a quelle tradizionali. Ovviamente ci si aspetta che ce ne siano meno, o che non ci siano del tutto, ma la certificazione non è sul prodotto finale bensì sul metodo di produzione. I controlli a cui le aziende di agricoltura biologica sono periodicamente sottoposte accertano che la produzione non si avvalga, ad esempio, di sostanze non autorizzate. Questo però non implica che non si possano trovare nel prodotto finale, come vedremo. Non c’è nulla nei regolamenti che obblighi i prodotti finali ad avere determinate caratteristiche, proprio perché la legislazione si occupa solo del metodo di produzione.

I controlli sulla salubrità dei prodotti venduti in Italia vengono effettuati dal Ministero della Salute attraverso vari laboratori autorizzati distribuiti sul territorio. Vengono monitorati, con controlli a campione, i livelli massimi accettati di residui di pesticidi, i livelli di tossine prodotte da funghi e muffe, i livelli di contaminazione microbiologica e così via. I prodotti biologici e quelli convenzionali debbono sottostare agli stessi limiti di legge non essendo previsti dei limiti specifici per l’agricoltura biologica.

In Lombardia

Presso l’ospedale Luigi Sacco, a Milano, è attivo il Centro Internazionale per gli Antiparassitari e la Prevenzione Sanitaria, noto a livello internazionale come ICPS (International Centre for Pesticides and Health Risk Prevention). Il centro è l’istituzione responsabile per la Lombardia del piano di monitoraggio dei residui di pesticidi sul cibo di origine vegetale coordinato a livello nazionale dal Ministero della Sanità. Alcuni suoi ricercatori hanno pubblicato uno studio che riporta i risultati delle analisi su 3508 campioni, di cui 266 da agricoltura biologica, effettuate in Lombardia dal 2002 al 2005.

I risultati mostrano come la grande maggioranza dei prodotti da agricoltura biologica sono in conformità con la legislazione di riferimento, e non contengono residui rilevabili di pesticidi. Una quantità limitata di campioni aveva una concentrazione di residui inferiore al limiti massimi di legge (MRL). Solo in un campione il livello di residui era superiore al consentito, tuttavia non poneva alcuna preoccupazione per la salute pubblica, come dimostrato dai risultati di una stima del rischio alimentare associato.

Scendendo nei dettagli, il 27% dei prodotti convenzionali riportava residui di pesticidi. Per 36 campioni (l’1%) i livelli di residui erano superiori ai limiti di legge. Insomma, il 99% dei campioni rispettava le norme e non poneva quindi rischi sanitari per quel che riguarda i livelli di pesticidi. Addirittura il 73% dei campioni non riportava alcun residuo. Diamo spesso per scontato che l’agricoltura convenzionale produca sempre prodotti in qualche modo “contaminati” ma non è così.

Esaminando i prodotti biologici, la percentuale di campioni esenti da pesticidi aumenta di molto, arrivando al 97,4% mentre il 2,6% dei test è risultato positivo. Per i curiosi le analisi positive riguardavano mandarini, riso, kiwi, patate, limoni e mele. Tranne in un caso –le patate– i residui riscontrati erano inferiori ai limiti di legge che, come abbiamo detto, sono identici a quelli dei prodotti tradizionali. Quel campione di patate invece, oltre a superare i limiti, riportava anche residui di ben quattro pesticidi diversi. Sforare i limiti tuttavia non significa che vi sia un rischio immediato per la salute pubblica. I ricercatori hanno stimato infatti che, anche in uno scenario dove dei bambini consumassero ogni giorno quantità molto superiori alla norma di quelle patate, l’assunzione dei pesticidi riscontrati rimarrebbe molto al di sotto di valori di sicurezza.

A qualcuno può venire spontanea la domanda: “ma se quei pesticidi non sono ammessi nella coltivazione, come fanno a finire nel prodotto finale?”. I ricercatori formulano alcune ipotesi

Anche se sono stati cresciuti e trasformati in modo appropriato, i cibi biologici non sono necessariamente privi di pesticidi e altre sostanze chimiche utilizzate nell’agricoltura convenzionale. La contaminazione può essere dovuta a coltivazione su suolo contaminato in precedenza, percolazione di sostanze chimiche attraverso il suolo, uso non autorizzato di pesticidi, contaminazione accidentale dovuta al trasporto del vento, spray che deborda dal campo convenzionale del vicino, contaminazione dell’acqua di irrigazione, o anche durante il trasporto, lo stoccaggio e la trasformazione.

La presenza di sostanze di sintesi tuttavia non necessariamente preclude che il cibo possa essere definito biologico, a patto che tutte le procedure relative alla sua produzione siano state soddisfatte.

Poiché i limiti di legge per i residui sono tali da non destare, secondo l’opinione scientifica corrente, alcun timore per la salute umana, i ricercatori concludono che

Nel tentativo di confrontare cibo convenzionale e biologico in termini di rischio potenziale per la salute dovuto all’esposizione alimentare ai residui di pesticidi, non si possono trarre conclusioni facilmente perché in entrambi i casi la presenza di residui al di sopra delle soglie di legge è molto bassa.

E aggiungono

Vi è una diffusa convinzione che i prodotti dell’agricoltura biologica sono più sicuri e più sani del cibo convenzionale. È difficile trarre delle conclusioni in merito, ma ciò che deve essere chiaro al consumatore è che “biologico” non significa automaticamente “sicuro”. In assenza di adeguati dati di confronto, sono necessari ulteriori studi in questa area di ricerca.

Insomma, non si può dire che i prodotti biologici siano generalmente più sicuri di quelli convenzionali perché in entrambi i casi i parametri di legge sono rispettati. Per qualsiasi prodotto, la sicurezza dei prodotti alimentari è garantita dal rispetto dei limiti consentiti e non dal tipo di produzione.

In Italia

pesticidi-spinosadUscendo dalla Lombardia e volendo dare un’occhiata alla situazione italiana nel suo complesso, possiamo fare riferimento al rapporto preparato dal Ministero della Salute “Controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti di origine vegetale -Anno 2007

Il Ministero della Salute nel 2007 ha analizzato 6845 campioni di frutta e verdura, non distinguendo rispetto all’origine dei vegetali (da agricoltura biologica o convenzionale) visto che entrambi debbono rispettare gli stessi limiti di legge.

sono stati analizzati 6.845 campioni di ortofrutticoli, di cui 76 sono risultati non regolamentari, con residui superiori al limite di legge, registrando una percentuale di irregolarità pari al 1.1%

I campioni di frutta irregolari sono stati 52 su 3656 (1,4%) e quelli di ortaggi 24 su 3189 (0.7%), con una percentuale di irregolarità superiore nella frutta. I campioni di ortofrutticoli regolamentari, intesi come somma di campioni privi di residui (4563) e di campioni con residui inferiore al limite di legge (2206), sono stati 6769, pari al 98,9% del totale; nell’ambito dei campioni regolamentari il 66,7% è risultato privo di residui, mentre il 32,2% con residui entro i limiti previsti dalla legge.

In particolare, è la frutta ad avere una percentuale leggermente superiore di campioni con residui superiori al limite di legge (1,4%) mentre gli ortaggi (0,7% di campioni irregolari) hanno addirittura l’84% dei campioni senza residui rilevabili.

Il documento riporta anche i risultati delle analisi sui cereali (0,2% di campioni irregolari), sull’olio (1,3% di campioni irregolari) e sul vino (nessun campione irregolare).

Questi numeri mostrano, a mio parere, come la frutta e la verdura in commercio in Italia nella stragrande maggioranza dei casi sia prodotta rispettando i limiti di legge e quindi non pongono, dal punto di vista dei pesticidi, problemi alla salute al consumatore.

È curioso rilevare come, tra la frutta, hanno presentato maggiori irregolarità, in ordine decrescente, cachi, fragole, clementine, albicocche, pere e limoni, mentre non hanno presentato alcuna irregolarità mandarini, banane, olive, ananassi e pompelmi.

Tra la verdura i prodotti con le maggiori irregolarità, sempre in ordine decrescente, troviamo sedano rapa, prezzemolo, sedano, ortaggi a foglia, indivia, cetriolo e peperone. Nessuna irregolarità riscontrata invece per patate, carote, cipolle, finocchi, fagiolini, melanzane, spinaci, cavoli, radicchio, cavolfiori, meloni, cicoria, piselli e lenticchie.

L’occasionale superamento dei limiti di legge non deve creare allarme. Come spiega il rapporto del ministero

C’è da sottolineare, ad ogni modo, come il superamento occasionale di un limite legale non comporti un pericolo per la salute, ma il superamento di una soglia legale tossicologicamente accettabile. La tendenza decrescente delle irregolarità configura, comunque, una situazione in progressivo miglioramento dal punto di vista della sicurezza dei prodotti alimentari.

Relativamente al livello di esposizione della popolazione italiana con la dieta, le stime di assunzione elaborate con i dati relativi ad anni precedenti, ma simili nei risultati, indicano che i residui dei singoli pesticidi ingeriti ogni giorno dal consumatore rappresentano una percentuale molto modesta dei valori delle dosi giornaliere accettabili delle singole sostanze attive e molto al di sotto del livello di guardia preso come riferimento per assicurare la qualità igienico-sanitaria degli alimenti.

Particolare attenzione, dichiara il ministero, è rivolta all’esame dei campioni ortofrutticoli contenenti più principi attivi, che dall’elaborazione dei dati del 2007 risultano essere pari al 14,7% dei campioni analizzati.

Vari prodotti con residui di pesticidi superiori alla norma erano di provenienza straniera. Andiamo quindi a vedere un rapporto analogo per l’Unione Europea.

In Europa

Nel 2009 l’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, con sede a Parma) ha pubblicato il suo primo rapporto annuale sui residui di pesticidi sugli alimenti, relativo all’anno 2007. Sono stati analizzati 74.305 campioni di circa 350 prodotti alimentari diversi. Il 96,01 per cento dei campioni sono risultati conformi ai limiti di legge mentre nel 3,99 per cento dei casi sono stati superati i limiti legali per uno o più pesticidi. Nel caso degli alimenti per bambini, che hanno limiti più restrittivi, solo lo 0,6 per cento non era conforme alle norme di legge.

Se si considerano gli alimenti biologici, la percentuale di prodotti con residui nella norma è del 98,76 per cento mentre l’1,24 per cento era fuorilegge.

Il dato relativo ai prodotti bio ha stupito prima di tutto le associazioni che promuovono l’agricoltura biologica. Titolava il seguito portale dell’agricoltura biologica GreenPlanet: “Pesticidi negli alimenti, ma che ci fanno nel bio?

Questi risultati, avverte l’EFSA, sono da intendere come indicativi e non come veramente rappresentativi della situazione degli alimenti in vendita in Europa. I valori reali però non si dovrebbero scostare di molto, e possiamo sicuramente concludere che la quasi totalità degli alimenti in vendita rispetta i limiti di legge e sono quindi sicuri, per quel che riguarda i residui di pesticidi.

Il rapporto dell’EFSA è ricco di dettagli. Scopriamo ad esempio che la categoria di prodotti più suscettibile di essere sopra i limiti di legge è la frutta e la verdura per l’agricoltura convenzionale (4,19 per cento), per i cibi biologici sono i prodotti trasformati (4,21 per cento) mentre i campioni fuori norma di frutta e verdura bio scendono allo 1,09 per cento. I dati mostrano anche come sia più probabile che un prodotto extra-UE superi i limiti di legge rispetto ad un alimento prodotto in Europa.

Riguardo alla presenza di residui multipli il rapporto EFSA riporta come la maggioranza dei prodotti (il 53,6 per cento) non presentava alcun residuo di pesticida. Il 20,4 per cento il residuo di un prodotto fitosanitario mentre il 25,9 per cento residui di due o più pesticidi.

Valori superiori ai limiti?

pesticidi-malathionCome abbiamo detto, un residuo di pesticidi superiore al limite di legge non necessariamente pone un rischio sanitario. La valutazione del rischio deve essere fatta stimando l’esposizione del consumatore e utilizzando, per quella determinata sostanza fuori norma, e consultando i limiti tossicologici di riferimento, riportati in letteratura. In particolare si deve consultare un valore chiamato ADI (Accettable daily intake, in italiano tradotto con DGA, dose giornaliera ammissibile) e l’ARfD (Acute reference dose, dose acuta di riferimento).

L’ADI rappresenta la quantità di sostanza, espressa in milligrammi per kilogrammo di peso corporeo, che può essere assunta giornalmente e per tutta la vita da una persona senza che questa corra rischi apprezzabili.

L’ARfD invece è la quantità di sostanza, sempre espressa in milligrammi per kilogrammo di peso corporeo, che può essere assunta in un breve periodo di tempo, solitamente un giorno, senza correre rischi apprezzabili, anche tenendo conto di gruppi di persone particolarmente sensibili, come i bambini.

I livelli di residui ammessi dei vari pesticidi di cui abbiamo discusso sino ad ora sono fissati anche tenendo conto di questi valori di soglia di sicurezza e possono venire ridotti anche in seguito alle azioni di monitoraggio come quella presentata nel rapporto.

Identificati dei campioni fuori norma l’EFSA esegue una stima del rischio potenziale, sia per l’assunzione cronica che per quella a breve termine. Nel far ciò si preferisce sovrastimare di molto il rischio ipotizzando situazioni estreme in cui un potenziale consumatore assume quantità giornaliere dell’alimento molto superiori alla media e sempre del campione con il più alto valore di residui. In più questo valore viene moltiplicato per un ulteriore parametro di sicurezza (ad esempio per mele o pomodori questo fattore è pari a 7) per tener conto di una eventuale disomogeneità nella distribuzione dei residui. A questo punto i valori di pesticida assunto presunto vengono quindi confrontati con i livelli di soglia ADI e ARfD

Dopo aver effettuato questo calcolo per tutti i pesticidi tranne uno (il diazinone) la possibile assunzione cronica non desta preoccupazioni per la salute. Dal 2007 tutte le autorizzazioni riguardanti il diazinone sono state revocate e i residui ammessi ridotti.

Per quel che riguarda l’esposizione a breve termine

Anche la valutazione dell’esposizione acuta (a breve termine) è stata basata sui peggiori scenari. Di conseguenza, le stime hanno tenuto conto di un elevato consumo alimentare combinato con il residuo più elevato osservato nel programma di monitoraggio dell'UE del 2007. Nella realtà è assai improbabile che si verifichino tali casi critici di assunzione. Supponendo che si presenti un tale scenario, per taluni dei risultati con riferimento a 52 combinazioni di pesticida/ prodotto alimentare non potrebbe escludersi un potenziale rischio per i consumatori; per la maggior parte di questi sono già state ritirate le autorizzazioni o sono stati abbassati gli LMR

In Nuova Zelanda

Risultati analoghi si riscontrano in vari paesi extra UE. Un gruppo di ricercatori Neozelandesi ha analizzato i residui di pesticidi su un certo numero di alimenti (lattuga, patata, broccolo, pomodoro, banana, uva, vino) prodotti sia in modo tradizionale che mediante i protocolli dell’agricoltura biologica. Quest’ultima, come già ricordato, permette l’utilizzo di alcuni pesticidi di origine naturale ma non ammette quelli (la maggioranza) di origine sintetica. Il consumatore generalmente, acquistando prodotti biologici, si aspetta dunque che siano privi di residui di pesticidi di sintesi. Lo studio ha riscontrato tracce di pesticidi nel 42 per cento degli alimenti prodotti in modo convenzionale (130 su 307) e nel 22 per cento degli alimenti biologici (9 su 41). Solo il 9,8 per cento dei campioni biologici presentava residui di più pesticidi contemporaneamente, mentre questa percentuale arriva al 24 per cento per i prodotti convenzionali.

Nei casi in cui è stato possibile confrontare direttamente prodotti convenzionali e biologici con residui di pesticidi, i prodotti biologici presentavano delle concentrazioni medie più basse dei relativi prodotti convenzionali. Tuttavia queste tracce

Sono generalmente più elevate di quello che ci potremmo aspettare da una contaminazione occasionale. Nonostante la presenza di questi residui non rappresenti un rischio significativo alla salute umana, la loro presenza non è consistente con le aspettative dei consumatori verso i prodotti biologici.

Il tipo di contaminazione varia a seconda del tipo di prodotto: nessuno dei sei campioni di patate biologiche ha mostrato tracce di pesticidi. Al contrario ben sei campioni su undici di pomodori bio riportavano tracce di pesticidi (il 55%), una percentuale non troppo dissimile da quella rilevata per i pomodori convenzionali (46%).

Tirando le somme, gli alimenti convenzionali con residui di pesticidi oltre i limiti sono una piccola percentuale (nella UE il 3,99 per cento). Per i prodotti biologici questa percentuale è più piccola (l’1,24 per cento nella UE). I campioni fuori norma solitamente non pongono rischi per la salute. Nel caso ci siano dei rischi potenziali considerati inaccettabili si agisce riducendo i livelli permessi e/o revocando il permesso d’uso di alcune sostanze.

Il continuo monitoraggio degli alimenti che assumiamo in Europa ne garantisce la sicurezza e che i rischi sanitari derivanti dai residui di pesticidi sono estremamente piccoli (non possono essere nulli perché nessuna attività umana è esente da rischi, per quanto ridotti).

L’uomo tuttavia non è un essere perfettamente razionale e spesso basa le sue decisioni e il suo agire non sui rischi effettivi ma sulla percezione di questi rischi. Nel caso dei pesticidi, come mostrato dall’indagine di eurobarometro citata in precedenza, il rischio percepito è sicuramente molto superiore al rischio effettivo. Ecco perché, probabilmente, alcune persone si rivolgono ai prodotti biologici anche se più costosi: il rischio percepito si riduce di molto rispetto all’agricoltura convenzionale, anche se i rischi reali, come mostrano i vari dati esposti qui, sono estremamente piccoli e inferiori ad altre attività umane. C’è chi fuma ad esempio ma acquista prodotti biologici per ridurre il rischio da pesticidi. Come dicevo, l’uomo non è un essere perfettamente razionale. E siccome a me la buccia della mela piace, continuo a mangiarmi le mie Golden e le Royal Gala senza sbucciarle ;-)

Dario Bressanini

p.s. Sabato 16 dalle ore 16 sarò alla libreria Librami ad Arona

Domenica 24, alle 15.30, a Firenze a DeGustibook

Bibliografia

441 commenti RSS

  • Alberto

    assolutamente vero, sopratutto nelle grosse aziende si finisce più a guardare quegli aspetti (oltre al costo) che definirei "sensibili e legali" piuttosto che alla qualità organolettica della materia prima. Per tornare a Morg che ci ha portato fin qui, però se ci fidiamo delle analisi degli organi di controllo (si astengano i rivoluzionari che girano in questi giorni) in realtà la quantità di prodotti fuori limite è comunque una percentuale trascurabile, migliorabile certo, ma pur sempre trascurabile, e quindi come già per molti altri aspetti affrontati in questo blog è più un problema di percezione del pericolo che di pericolo reale.

    Semplificando parecchio perché ci sono molti fattori da considerare, l'incidenza del costo della materia prima sul prodotto trasformato pur essendo mediamente bassa (soprattutto per i prodotti più economici) è la principale leva utilizzata per ridurre il prezzo finale, il resto dei costi è per lo più fatto da imballaggio, ammortamenti, personale e logistica, ottimizzabili ma più rigidi e legati alla struttura produttiva. Come hai detto tu i problemi di qualità organolettiche e sanità possono essere ormai abbastanza facilmente corretti in sede produttiva, però la differenza sul risultato del trasformato a parità di ingredienti e processo si sente e non poco. Il discorso in realtà è più complesso perché poi bisognerebbe guardare all'intera ricetta e qui le differenze si amplificano.

  • @Andrea

    "Per tornare a Morg che ci ha portato fin qui, però se ci fidiamo delle analisi degli organi di controllo (si astengano i rivoluzionari che girano in questi giorni) in realtà la quantità di prodotti fuori limite è comunque una percentuale trascurabile, migliorabile certo, ma pur sempre trascurabile, e quindi come già per molti altri aspetti affrontati in questo blog è più un problema di percezione del pericolo che di pericolo reale."

    Concordo in parte con te, ma questo non possiamo e non dobbiamo dimenticare che è un argomento più che delicato e complesso. Gli studi sono spesso pochi e non conclusivi, e gli aggiornamenti alla direttiva CEE sono infatti costanti, è bene sottolinearlo. E questi vanno tanto dalla diminuzione delle dosi consentite al bando in casi estremi di alcuni additivi; le cose sono lungi dall'essere definite.
    La prudenza in questo caso non mi pare mal riposta, anzi.

    Senza contare che se vogliamo parlare di educazione ad un consumo responsabile...cose come i coloranti andrebbero eliminate in toto. O vogliamo dare del puro "marketing" al filone del naturale e ignorare l'inutilità (dove non la malafede) di un certo tipo di additivi?

    Rinnovo l'invito a @Dario, un bell'articolo con un confronto tra etichette Bio/nonBio di qualche prodotto trasformato potrebbe essere interessante.

    Gabriele

    P.s.
    Dimenticavo, sul discorso denaro pubblico ribadisco che sono assolutamente d'accordo, ma è un problema di scelte politiche che non tocca minimamente la validità o meno di pratiche biologiche e non biologiche.

  • Morg

    stai entrando nell'errore che volevi evitare mi stai dicendo che la prudenza degli organi di controllo non è sufficiente, "non c'è del marcio in Danimarca", perché le soglie di tolleranza degli additivi certo sono in continua revisione ma più che prudenziali, molti additivi e coloranti sono utilizzati da parecchio tempo e dobbiamo fidarci degli organi di controllo in particolare modo dell'EFSA, poi come sempre è la dose che fa il veleno, non è che in ogni momento della giornata mangi coloranti. E poi credimi che puoi fare tutta l'educazione che vuoi ma si mangia anche con gli occhi, Chiaro che alcuni additivi si potrebbero evitare ma come detto da Alberto accade anche perché la materia prima di partenza deve essere corretta in fase di trasformazione. Non accosterei etichette bio/non bio, dovresti farlo con lo stesso prodotto della stessa azienda nelle due versioni.

  • Andrea,
    non sto assolutamente dicendo che non dobbiamo fidarci degli organi di controllo, mi sto limitando a constatare che, in questo campo, la "verità" è particolarmente labile e ancora lungi dall'essere stabilita ed è bene esserne coscienti.
    O che facciamo, diciamo che oggi una cosa è innocua e di colpo domani non lo è più? Il veleno lo fa la dose, a giorni alterni? :D
    Tra l'altro occhio a ripeterlo come un mantra, comincia a fare lo stesso effetto di chi ripete in loop "il simile cura il simile" ;)
    Insisto poi sul fatto che un conto è correre un rischio, per quanto limitato esso sia, quando è necessario (nitriti?), un conto è correrlo senza reali benefici che lo compensino (massa di ulteriori additivi? Pesticidi sostituibili?)

    Sui quantitativi giornalieri ingeriti guarda, ho paura soltanto a mettermi a fare due calcoli...ma io, ne sono consapevole, mangio veramente ma veramente male. :D :D

    Se Dario o qualcuno di voi ne ha voglia però vi invito un po' provocatoriamente a provare a fare questo check di quache giornata tipo. Secondo me ne escono delle belle...

    Gabriele

    P.s.
    Tra l'altro secondo me mi manca qualche pezzo del puzzle sui nitriti, ripeto la DGA FAO/OMS è 0-0,1 mg/kg...è più difficile starci dentro che superarla °_°

  • The vast spectrum lights also emit infra-red, the effect of which on stem growth
    we have already discussed.

  • Provate a guardare la foto che il il Corriere della Sera ha messo a pagina 35, quella in bianco e nero dei due bambini che si baciano sulle cassette di mele. Ebbene qual è il messaggio subliminale che si vuol dare? Quello di una natura diversa, incontaminata e sana e di una sostenibilità ambientale che ora non c'è più.

    IL MESSAGGIO E' TOTALMENTE FALSO E INGANNEVOLE!

    La foto è del 1920 e già si vede un meleto specializzato che in natura non esiste, ora meleto specializzato significa mettere vicini e più accessibili per i parassiti le piante di cui si nutrono, quindi ne discende che l'inoculo parassitario in queste condizioni è destinato ad aumentare, non solo ma i pesticidi che allora si usavano erano tra i più potenti veleni che si conoscano, vale a dire Arseniato di piombo e estratti nicotinici.....certo si usava anche il solfato di rame, solo che i moderni anrticrittogamici non è che siano peggio di quelli di prima anzi allora si usavano in dosi molto molto maggiori ed il rame è un veleno per accumulo.

    Purtroppo però la gente non può conoscere queste cose e quindi quando qui interviene e mi definisce un "difensore degli avvelenatori" io li mando a quel paese subito, essi devono essere consci della loro ignoranza e quindi gli interventi che fanno devono essere domande e non sentenze. In questo caso hanno tutta la mia disponibilità a dare spiegazioni.

    Con questo non voglio dire che la nostra agricoltura abbia percorso tutto il tragitto per diventare "durevole" anzi molto deve ancora essere fatto ed i controlli devono essere sempre più serrati, solo che non è possibile tacere che negli ultimi 30 anni abbiamo imboccato questa strada.
    Ci si lamenta oggi di quello che si faceva fino a 30 anni fa, mentre era allora che ci si doveva lamentare e non agronomi l'abbiamo fatto ben prima delle Autorità e dell'opinione pubblica.

  • Secondo voi la Monsanto è una favola? Non fatemi ridere. Se per voi è una favola che esce da un libro quella delle farfalle che i America muoiono per il mais Monsanto ditemelo. Ditemi se è una favola quella delle api che muoiono a causa dei pollini ogm ; fatemi sapere. Ma sopratutto ditemi se vi piacerebbe che vi modificassero il dna , ditemi. E infine vorrei sottolineare come i campi di mais in America rischiano seriamente di essere debellate a causa di un insetto che ha sempre danneggiato questa pianta, anche se comunque , in un modo o nell'altro si cacciava (non sono un esperto e non mi ricordo come si chiama) ma ora l insetto si è evoluto rapidamente e puo resistere al veleno che c è nel mais.
    Saluti

  • Bella Fra. Non s'è capita una beata minchia di che favole vorremmo raccontarci, ma se c'è Monsanto sappiamo già chi sia il lupo cattivo, no? E quindi. Accertato ciò, che si fa? Arriva uno che ti manipola il DNA senza dirti niente e te che fai, zitto e buono? No, ti ribelli, giustamente. C'è gente che non ha nemmeno il bidè al mondo, e a te vengon a manipolare il DNA? Non sta mica bene, ammettiamolo.
    Che poi si evolvono i veleni, se manipoli il DNA, magari, hai visto mai. Che poi arrivan gli insetti e ci tocca mangiarli al posto del mais. Cavallette, fritte magari...

  • Fra, all'1 si dorme, perchè il cervello a quell'ora non è in grado di mettere insieme 2 pensieri dico 2.
    A quell'ora i nostri neuroni non sono in grado di rendersi conto delle cose, infatti è di notte che succedono le cose più spiacevoli, che poi il giorno dopo il tg5 ci racconta. A meno chè sei amico di Mimum e vuoi dargli una mano.
    ps. La stessa cosa non vale per Stello, che ragiona meglio nelle ore notturne. Vai a sapere perchè.

  • Si Fra, che le api muoiano a causa del polline del mais GM è una favola di quelle che escono dai blog.
    Per almeno 2 ragioni:

    1) Le api non bottinano il mais perchè il mais non ha nettare (lo hai mai assaggiato il miele di mais? Devi provarlo sopra una fetta biscottata "bio - gluten&cruelty free - vegan - senza olio di palma". Se lo accompagni a un buon bicchiere di latte di gallina appena munta e allevata a terra è la morte sua).

    2) Il mais GM produce una tossina utilizzata in agricoltura biologica perchè prodotta da un batterio (quindi un prodotto di origine naturale). Nei frutteti bio si utilizza tale batterio proprio perchè la tossina che produce è molto selettiva nei confronti delle api (se uccidessi le api del frutteto non avrei più fecondazione e questo significherebbe perdita di produzione)

    Che il polline di mais GM uccida le api è una favola.

    Saluti

  • Fra, dev'essere un vero castigo d'inferno aver una confusione simile in testa e ancor più drammatico è il fatto che simili sciocchezze riescano a scorrere dal cervello, giù giù fino alla tastiera, senza alcun tipo di filtro. Spero tu non sia un dipendente di una centrale nucleare...

  • Fra

    Io non mi limito a dire che hai torto, ma ti dimostro che ciò che affermi con molta superficialità è frutto di ammaestramento come fossi un animale da circo, e come te purtroppo ve ne sono tanti in quanto non partono dalle prove per stabilire una verità, ma un qualcosa che sembra vero e se è funzionale ad una ideologia è sicuramente una verità.

    1° Quella farfalla che tu dici è la farfalla Monarca che è migratrice dal Messico agli USA. Vi fu uno studio (Losey) che mostrò che il polline del mais era tossico per la farfalla. Ora si deve sapere che la farfalla non si nutre di polline ma si nutre di un'erba che cresce ai bordi del campo di mais e possono essere imbrattate dal polline di mais che si disperde. Solo che Losey non ha fatto un esperimento in natura, ma lo ha fatto in laboratorio ed ha imbrattato artificialmente le foglie di cui si cibavano le larve della farfalla buttando polvere di polline su queste. Solo che non è stato molto delicato ed ha esagerato buttandone una quantità incredibile e fuori da qualsiasi casistica che possa avvenire nelle condizioni reali, cioè proprio dove le larve dovevano morire. Ebbene questo studio ha spinto altri a fare un controllo e ha stabilito che in condizioni normali la quantità di polline che si deposita sulle foglie della pianta-cibo e molto poca perchè si possano avere effetti tossici. Solo su una linea di mais la numero 176 che produceva quantità di tossina ben superiore alla norma dimostrò qualche effetto tossico, ma niente di trascendentale. Tutte le altre come il Bt 11 ed il MON 110 invece non presentarono nessun effetto tossico seppure lo fossero per la piralide e la sesamia.

    Insomma le farfalle di Losey sono morte per indigestione come fai tu se ti abbeveri sempre alle fonti che ti danno ragione.

    Dove l'hai letta la favola delle api che muoiono? Probabilmente tu avrai letto che le api si imbrattano di polline che portano nell'alveare e se ne nutrono, ma sicuramente senza morire in quanto la tossina Cry del mais Bt non uccide gli imenotteri (ordine a cui appartengono le api). Non solo, ma il polline Bt è contenuto anche nel miele e tu te lo mangi in quanto è stato stabilito che è un costituente del miele e quindi non occorre ne analizzarlo e neppure etichettarlo.

    Possiibile Fram che ti scandalizzi proprio adesso della manipolazione del DNA quando questo lo si fa da tempo immemore? Mai sentito parlare di poliploidizzazione, di irraggiamento per provocare mutazioni (eppure ti vai a fare i raggi X e ti assicuro che qualche tua cellula ha subito la modifica del DNA) non solo ma ormai siamo nell'era che è possibile trasferire un gene senza lasciarne traccia e quindi in futuro ciò si farà e tu non saprai nulla e mangerai tranquillo i prodotti OGM che arriveranno sulla tua tavola. Queste cose probabilmente non le farà la Monsanto, ma lo faranno molte ditte piccole che non potranno sottoporsi ai controlli dispendiosi che la MOnsanto fa.

  • Bella Guidorzi! S'è mica capito una beata minchia neppure della tua confutazione, sai? ;) Confutare il nulla è la pratica confutativa più difficoltosa che esista, altro che salar e impepar le larve di Monarca! Che poi non è nemmeno educazione, poveri monarchi, qualsiasi cosa dica Losey. Che mi pare un altro Benveniste o come si chiamava luilì, poi c'era Seralini e s'era benandato pure quell'altro in mezzo, che ora non mi sovviene se non la nomea, di peracottaro pure lui.
    Poi ci son le api, certo, che s'imbarazzano pure loro se gli manipoli il DNA. Muorono, se gli strappi il pungiglione, e se non sei un pervertito, l'unica maniera è farsi pungere. Poi muorono per tanti altri motivi, ma il peggiore se sei te il punto, è quello lì.
    Per cui vediamo bene come ci siano tanti punti di vista pure sulle api, che con API una volta si volava, e con Api gli Egizi ci facevan tante altre belle cose. O meno belle, ma anche qui tempora transeant...

  • Stello

    Che cos'è che non hai capito della mia confutazione?

  • Il motivo per cui non hai lasciato affogare Fra nelle sue farneticazioni. Hai voluto calar l'asso di mazzo, diciamo... ;)

  • Stello

    Sai come sono i vecchi, non sanno stare zitti anche quando dovrebbero!

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  • Grazie x le informazioni che date davvero utili, ma il problema dei comuni mortali che non tutti sono laureati in scienze dell'alimentazione, ammesso che basti !! mi chiedo: chi vigila sull'ingresso deiprodotti nei mercati ortofrutticoli ? Vivo in campagno e ho modo di vedere e parlare con chi produce ortaggi,a consigliarli su eventuali inconvenienti e' chi vende i predotti che ha tutto l'interesse a ipiazargli piu prodotti possibile anziche' istruirlo a una scrupolosa e parsimoniosa somministrazione degli stessi

  • Se qualcuno ha ancora dei dubbi e non crede ancora a quanto vado ripetendo da tempo ecco una conferma da fonte non sospetta (credo che questo articolo Teatro Naturale lo abbia messo obtorto collo")

    http://www.teatronaturale.it/tracce/salute/21788-quali-rischi-per-le-contaminazioni-dei-prodotti-alimentari-in-italia.htm

  • @dariobressanini i tempi di carenza servono a far degradare i pesticidi. Nell'asso di tempo in cui le mele vengono spedite ai vari centri commerciali, i pesticidi non si degradano ulteriormente riducendo al minimo o del tutto la loro concentrazione? Ci sono degli studi sulla degradazione dei pesticidi?

  • Dipende anche da quanti ne utilizzano

  • Alberto Guidorzi 16 novembre 2015 alle 23:07

    Mattia

    la degradazione deve avvenire sulla pianta e tutti i tempi di carenza sono calcolati entro la data di raccolta. Poi a partire da questa data entrano in ballo i residui che devono essere al di sotto di certe soglie

  • Alberto Guidorzi 16 novembre 2015 alle 23:09

    Edo

    Cosa c'entra il numero di pesticidi che si usano? I tempi di carenza sono calcolati per ogni principio attivo e non è un dato cumulativo

  • Dopo aver preso tutte le precauzioni x coltivare i prodotti che contribuiscono alla formazione della pizza, la prendiamo e la cuciniamo in un forno a legna dalla quale facciamo scorta di pm 10 almeno x una settimana.La domanda che mi pongo e xchè nessuno parla di questa inclinazione al suicidio pubblicizzata dai fautori del mangiare Italiano si ha paura di essere impopolari rischiando di essere complici di un futuro disastroso.Mi rivolgo a questi signori : RICORDATEVI L'ETERNIT

  • Ciao Dario, leggendo un libro del dott. Norman Walker, lui sostiene che solo le fibbre dei vegetali assorbono pesticidi e/o veleni....gli enzimi, gli atomi e le molecole no. Pertanto estraendo da loro solo il succo(filtrandolo dalle fibre), noi non ingeriamo le porcherie utilizzate per coltivare i vegetali. Sto facendo varie ricerche sul web per cercare conferme a ciò, ma non ho trovato nulla di esaustivo. Tu cosa ne pensi?
    Ciao e grazie

  • Alberto Guidorzi 12 luglio 2017 alle 13:35

    Adelio

    "noi non ingeriamo le porcherie utilizzate per coltivare i vegetali" Ma sei mai stato a vedere cosa si fa in campagna? Ma hai mai osservato a che livello sono i residui dei fitofarmaci? Ma non hai mai letto che il 99,9% dei pesticidi che si ingeriscono con il cibo sono pesticidi prodotti naturalmente dalle piante?. Studiare prego prima di ripetere frasi fatte ma prive di fondamento!

  • Non capisco perché non si faccia riferimento nell'articolo dell'effetto cocktail e cioè dell' azione combinata dei pesticidi negli alimenti risultati positivi. Infatti ci sono alimenti che risultano avere anche 20 pesticidi assieme e dei danni derivanti dal multiresiduo non viene fatto alcuno accenno. Se consideriamo che da dati di legambiente un prodotto su tre tra frutta, verdura e trasformati risulta contaminato da residui di pesticidi e che questi effettivamente rientrino nei limiti di legge, bisognerebbe chiarire che questi limiti fanno riferimento al singolo pesticida e non tengano conto della somma delle molecole di sintesi presenti e dei danni risultanti dall'interazione tra loro.
    Sarebbe perciò, a mio parere, più utile da capire se nei prodotti biologici rispetto ai convenzionali si trovino o meno la presenza di questo cocktail di sostanze e in che percentuale. Saluti

  • Veramente per alcuni principi attivi esiste un LMR cumulativo, se sono rilevati due o più nello stesso campione, per quanto mi ricordo dal corso di aggiornamento del "patentino" ...

  • Alberto Guidorzi 20 gennaio 2019 alle 23:34

    Fabrizio

    Se si desse credito al tuo ragionamento sai dove si finirebbe? Non si deve mangiare in assoluto!.

    Perchè ti dico questo?

    1° Perchè Ames e Gold hanno detto, senza mai essere smentiti che "..in media gli Americani ingeriscano dai 5 mila ai 10 mila differenti pesticidi NATURALI ...equivalenti a circa 1.500 milligrammi di pesticidi NATURALI per persona per giorno; una quantita' di pesticidi che e' circa 10 mila volte superiore a quella dei pesticidi di sintesi [= 0.09 mg] ....Il pericolo potenziale che puo' derivare dai pesticidi di sintesi e' minimo al confronto del pericolo derivante dai pesticidi NATURALI

    2° Perchè "La meta' di tutte le sostanze chimiche, siano NATURALI o sintetiche, sono positive ai tests di cancerogenicita', condotti con alte dosi sui ratti . L'esposizione dell'uomo ai cancerogeni [per i roditori] NATURALI e' cosi' diffusa da rendere senza importanza l'esposizione ai cancerogeni di sintesi." [Ames, B.N. & Gold, L.S., 2000, Mutation Research 447, 3-13].
    Scriveva Ames nel 1990 [PNAS 87, 7777-7781] che "..il 99.99% dei pesticidi sono NATURALI";

    Ora mi chiedo, perchè non ti sei mai posto la stessa domanda sui pesticidi naturali? Non ti pare che sarebbe molto più logico?

    Con quanto ho detto ha senso fare una distinzione tra prodotti convenzionali e cibi biologici? Anzi dovrebbe proprio essere l'inverso, nel senso di avere più paura dei cibi biologici perchè se non proteggi una pianta dai parassiti stimoli molto di più la sua messa in atto della protezione naturale e quindi la presenza di residui.

    Vedi Fabrizio tu hai fatto un ragionamento logico (quello del cocktail) e ti è tanto piaciuto che non ti sei peritato di andare a vedere come in realtà stanno le cose.

    Altro aspetto è quello che l'effetto cocktail nei fitofarmaci di sintesi è valutto, mentre non è mai stato valutato nei pesticidi prodotti naturalmente dalle piante.

    Ti dico un'altra cosa: il 75% dei principi attivi che si usano in agricoltura NON SONO TOSSICI, un altro 20% sono debolmente tossici come lo sono i limoni o la vaniglia, il restante 5% è moderatamente tossico come lo sono il caffè e il peperoncino. In Agricoltura non si usano più principi attivi fitofarmaceutici altamente tossici.

  • ... Sarebbe da ridere se il Fabrizio di turno si fumasse un sigaro cubano, trattato con prodotti fitosanitari magari vietati in Europa e nel dubbio del rispetto di dosi, precauzioni d'utilizzo e tempi di carenza, sorseggiando rhum e sgranocchiando cacao: si imbottirebbe di "tossine" (certificate come cancerogeni molto più gravi della maggior parte degli antiparassitari che fumerebbe) per il semplice piacere che ne ricava.
    Però mangiare un prodotto industriale con una probabilità su 3 di avere residui misurabili (dell'ordine di 1 grammo per tonnellata) di una molecola che lui dice kimikakattiva gli crea dubbi e problemi.

    Mah, altro che Amleto ...

  • Pubblicato il report sui risultati dei residui di prodotti fitosanitari nel cibo:

    https://www.informatoreagrario.it/difesa-e-fertilizzazione/difesa/residui-fitofarmaci-ok-987-dellortofrutta-italiana/?utm_campaign=IA&utm_medium=email&utm_source=MagNews

    In fondo all'articolo c'è il link alla pubblicazione originale del ministero.
    Mi pare abbastanza singolare che tra i primi 10 principi attivi per quantità di residuo ce ne siano almeno 3 ammessi e largamente utilizzati in biologico ... Alla faccia di chi dice che in bio non si usano prodotti fitosanitari che lasciano residui (tanto per ribadire il concetto una volta ancora).

  • Rettifico, tra i primi 15 ci sono 2 derivati del BT.
    Anche il rame, però, non scherza quanto a residui nel cibo ...

  • Alberto Guidorzi 28 agosto 2019 alle 16:21

    Corrado

    hai notato il risultato del gfliphosate sui cereali (tab 38)

  • Si, le paturnie che si fanno i consumatori su istigazione dei giornalisti sono a dir poco ridicole ...
    La cosa che mi "sconvolge" è con quanta leggerezza sono utilizzati i preparati batterici (BT12 BT14): sono registrati su moltissime colture di 4° gamma, di quelle che uno consumatore di solito non lava e consuma cruda (insalate in busta o in terrina già con i condimenti) ... Come non mi spiego, se non con un sovradosaggio disinvolto o con il mancato rispetto dei tempi di sospensione, la presenza del piperonil butossido, autorizzato in bio. Potrebbe anche essere una "leggerezza" nel processo di registrazione che ha fatto sopravvalutare le dinamiche di degrado della molecola?

  • Aggiornamento recente sulla presenza di multiresidui sul cibo:

    http://seppi.over-blog.com/2020/05/effet-cocktail-des-pesticides-et-efsa-epsilon-epsilon-epsilon.html

    Qui la fonte (EFSA in italiano):
    https://www.efsa.europa.eu/it/news/pesticides-first-cumulative-risk-reports-published

    (relativamente agli effetti cronici sul sistema tiroideo e l’altra gli effetti acuti sul sistema nervoso)
    "La conclusione generale per entrambe le valutazioni è che il rischio per i consumatori derivante dall'esposizione alimentare cumulativa è, con diversi gradi di certezza, inferiore alla soglia che fa scattare meccanismi normativi per tutte le fasce di popolazione interessate."

    Quindi quelli che parlano di "disruptori endocrini", per il momento stanno agitando spaventapasseri (fino al prossimo aggiornamento) ...

  • "Essere Grüne, cioè Verdi, ha cioè un prezzo, perché spesso la biodiversità può non essere così gradevole come la si immagina."
    Elrike Buratti, responsabile (non so se sia ancora in carica) del verde pubblico di Bolzano.

  • Corrado

    Indubbiamente la biodiversità dentro un tappeto di viole sicuramente avrà un costo estetico, ma nei boschi dei non trombanti è quanto di più bello possa esistere

  • Mi ricollego al tuo precedente, è sempre il solito discorso terroristico, non guardano se fa male, ma se vi è una traccia, come l'acqua Del Tevere dove avevano trovato la cocaina facendone uno slogan terroristico

  • Fabio, la frase fu detta a un convegno sulla gestione del verde urbano di un po' di tempo fa, e riportata da un giornalista. Laggente non vuole che si usino erbicidi per i sanpietrini, ma parimenti pretende che non ci sia un filo d'erba fuori posto, aggratis e senza disagi (per "spazzolare" i sanpietrini con mezzi meccanici è necessario chiudere temporaneamente la viabilità).
    L'ho messa perchè sintetizza l'ideale distorto e bucolico alla base dell'attuale pensiero dominante che cozza con la realtà della natura, gestita o meno dall'uomo.

  • Alberto Guidorzi 2 settembre 2020 alle 14:47

    Corrado

    E' recente la notizia data proprio dalla stampa orientata al "grune" che i polifenoli sono degli antibatterici.

    Ebbene una ha preso la notizia per controbattere un mio commento dicendo: "vedi che sono salutari e non sono dei pesticidi come tu dici"?

    Quando si è a questo livello discutere diventa difficile!

  • "Pesti - cida" = una sostanza che uccide (cida) qualcosa di vivo e potenzialmente dannoso (pesti). Per quanto ne so è una pessima traduzione dall'inglese, che nessuno si premura di rettificare nell'uso quotidiano per una miglior comprensione del fenomeno (motivi che suggeriscono e/o rendono necessario l'impiego, effetti, criteri d'uso ecc.).
    Qualunque sostanza manifesta questo effetto, dal veleno per topi allo spray contro zanzarecimicieformiche è un pesticida, allo stesso modo del glifosate e del solfato di rame. Ma è un messaggio difficile da far arrivare allaggente, se la stampa generalista e la pubblicità sono in prima linea a non saperlo e a confondere le acque (pesticida buono = toglie pulci e zecche da cani e gatti, pesticida cattivo = arriva il carrello della COOP e ferma il trenino di trattori che sta irrorando) ...
    Io quindi propongo di appoggiare in massa il movimento "stop-pesticides", con effetto immediato delle loro richieste: la rimozione di TUTTI i pesticidi da ogni punto vendita e per ogni autorizzazione, anche in ambito ospedaliero (mica ci faremo pilotare da stupidi e inopportuni conflitti d'interesse, no? Se un paziente si trova con il letto d'ospedale invaso dalle formiche, si chiama una squadra di operai che le tolga utilizzando il nastro adesivo e chiude con il silicone le fessure da cui sono entrate nella stanza) e domestico (Fuffy ha le pulci o le zecche? Ti armi di pinzette e lente d'ingrandimento e le togli una a una, uova comprese, visto che il Fipronil fa morire le api).
    E anche lo shampo anti-pidocchi, essendo un pesticida, come si fa ad accettare di metterlo in testa ai nostri pargoli? Poi magari i genitori fumano come ciminiere in casa, senza arieggiare adeguatamente il locale ...