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_ scritto il 28.05.2025 alle ore 18:01 _ 25 letture
Prima puntata della serie dedicata a Blue Prince, un intrigante mix tra roguelike, puzzle, investigazione ed escape room. Riuscirò a trovare la famigerata Stanza 46?
In questo episodio speciale di Darsch TV, assistiamo a una sessione one-shot di gameplay decisamente fuori dal comune. Il gioco al centro dell’attenzione è un roguelike a tema investigativo che mescola stanze procedurali, enigmi logici e narrazione ambientale. Sin dai primi minuti, è chiaro che non ci troviamo davanti a un gioco d’azione o a un classico dungeon crawler: qui l’accento è tutto sull’osservazione, sulla memoria e sull’intelligenza deduttiva.
La premessa è tanto semplice quanto affascinante. Il protagonista riceve un testamento da Herbert Sinclair, un nobile eccentrico che lascia in eredità la sua tenuta solo a chi riuscirà a trovare la leggendaria stanza numero 46, nascosta da qualche parte all’interno della villa. Ma non è così semplice: il testamento impone regole rigide e spietate. Nessun oggetto può essere portato dentro o fuori dalla magione, non si può dormire lì dentro, e ogni giornata offre una disposizione diversa delle stanze. Ogni mossa costa un passo, e i passi sono limitati, dando al tutto una sensazione costante di urgenza e calcolo.
Nel corso del primo giorno di esplorazione, Darsch si muove con curiosità e metodo tra stanze dai nomi evocativi come “cappella”, “studio” e “sala giochi”. Ogni ambiente cela un frammento narrativo o un indizio utile, spesso sotto forma di lettere, oggetti o decorazioni enigmatiche. In una stanza, per esempio, scopre tre statue angeliche che reggono oggetti inusuali - una scopa, un forcone e un frustino - e intuisce che queste figure celano un significato simbolico importante per un enigma successivo. Anche piccoli dettagli come cornici vuote o scritte sui muri diventano potenziali chiavi di lettura. Il gioco richiede attenzione e memoria, ma anche un certo spirito analitico per ricomporre l’insieme.
Man mano che la mappa si espande, emergono gli elementi roguelike. Ogni stanza “costa” un passo, e disegnare troppe stanze inutili rischia di compromettere l’intera giornata. C’è anche una gestione delle risorse: nella cucina è possibile comprare cibo per recuperare passi, ma nulla è gratuito, nemmeno lo spostarsi. Darsch comincia a pianificare con attenzione, scegliendo dove esplorare e quando ritirarsi. La strategia diventa sempre più raffinata man mano che comprende i meccanismi sottesi alla generazione del labirinto.
Nel secondo giorno, il colpo di scena: l’inventario viene completamente azzerato. Tutti gli oggetti raccolti vengono persi, ma le conoscenze - la mappa mentale, le soluzioni agli enigmi, le intuizioni - rimangono. È una scelta di design brillante che spinge il giocatore a prestare ancora più attenzione a ogni dettaglio e a ragionare in termini di esperienza piuttosto che accumulo materiale.
Verso la fine della sessione, la villa comincia a mostrare una nuova profondità. In alcune stanze, Darsch trova fotografie antiche, nomi misteriosi come “Synka” (forse una password?), e lettere scritte in tono poetico e criptico. Ogni frase, ogni oggetto, sembra poter essere collegato a un altro, come in una gigantesca caccia al tesoro narrativa. Le atmosfere, accompagnate da musiche leggere e ambientazioni gotiche, oscillano tra l’inquietante e il fascinoso.
Il tutto è raccontato con il consueto stile brillante di Darsch: ironico ma preciso, riflessivo ma coinvolgente. Ogni volta che affronta un enigma, condivide il suo processo mentale con il pubblico, permettendo a chi guarda di sentirsi parte integrante dell’indagine.
Alla fine della live, Darsch si mostra sinceramente colpito dal gioco. Lo definisce intelligente, appagante, pieno di potenziale. E, con umiltà, chiede agli spettatori se vorrebbero vedere altri episodi, magari più brevi ma dedicati all’approfondimento dei misteri non ancora risolti.
Questo post è stato arricchito con il supporto di strumenti di Intelligenza Artificiale.
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