Politica

Il provvedimento, approvato dal Senato il 10 marzo, entra in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale<br />Da ora stop di 18 mesi ai processi che riguardano ministri e presidente del Consiglio per esigenze di governo

Via libera al legittimo impedimento
Napolitano ha firmato la legge

Il presidente:"Ora ci sia leale collaborazione tra l'autorità politica e quella giudiziaria"
Di Pietro:"Chiederemo direttamente ai cittadini, tramite referendum, se sono d'accordo con la legge"

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ROMA - Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha promulgato il disegno di legge sul legittimo impedimento del presidente del Consiglio e dei singoli ministri a comparire in processo. Il provvedimento, approvato in via definitiva dal Senato il 10 febbraio scorso, entra in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Dopo la firma, dall'inquilino del Colle è arrivato un appello a una leale collaborazione tra l'autorità politica e giudiziaria.

A quanto si è appreso infatti punto di riferimento del Presidente della Repubblica nel promulgare, dopo approfondito esame, la legge recante "disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza", è rimasto il riconoscimento - già contenuto nella sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004 - dell'"apprezzabile interesse" ad assicurare "il sereno svolgimento di rilevanti funzioni" istituzionali, interesse "che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali di diritto". In questo quadro la legge approvata dalle Camere il 10 marzo scorso  - secondo gli ambienti del Quirinale - è apparsa rivolta a "tipizzare" l'impedimento legittimo disciplinato dall'art. 420-ter del Codice di procedura penale, che la legge espressamente richiama, in un contesto di leale collaborazione istituzionale tra autorità politica e autorità giudiziaria.

L'iter della legge. Il 10 marzo c'era stato il via libera del Senato. Dopo due voti di fiducia, l'ok definitivo aveva registrato 169 favorevoli, 126 contrari e 3 astenuti. Era così diventata legge lo "scudo" che permette al presidente del Consiglio e ai ministri di sottrarsi alle convocazioni in sede giudiziaria, privilegiando gli impegni governativi "autocertificati". Il ddl era stato approvato alla Camera lo scorso 3 febbraio. Principio cardine: per il presidente del Consiglio, chiamato a comparire in udienza in veste di imputato, costituirà legittimo impedimento "il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti". E stessa cosa varrà per i ministri.

La legge salva infatti il premier e i ministri dai processi per 18 mesi, in attesa dell'approvazione di un nuovo lodo Alfano stavolta per via costituzionale. Due articoli consentiranno "al presidente del Consiglio dei ministri e ai ministri il sereno svolgimento delle funzioni loro attribuite dalla Costituzione e dalla legge": l'articolo 2 riguarda appunto il carattere di 'legge ponte', cioè l'applicazione della nuova norma "fino alla data di entrata in vigore della legge costituzionale" e fissa inoltre l'entrata in vigore della nuova norma sul legittimo impedimento al giorno successivo alla pubblicazione in gazzetta ufficiale.

Il testo prevede che le attribuzioni previste dalla legge che disciplina l'attività di governo e della presidenza del Consiglio, dal regolamento interno del consiglio dei ministri, le relative attività preparatorie e consequenziali, nonché di ogni attività comunque "coessenziale" alle funzioni di governo costituiscano legittimo impedimento per il premier a comparire alle udienze penali che lo vedono imputato (non a quelle in cui è parte offesa). Stesso trattamento vale per i ministri.

Sarà Palazzo Chigi ad autocertificare l'impedimento. "Ove la presidenza del consiglio dei ministri - recita il testo - attesti che l'impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo ad udienza successiva al periodo indicato. Ciascun rinvio non può essere superiore a sei mesi". Il corso della prescrizione rimane sospeso per l'intera durata del rinvio. La legge si applica anche "ai processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, alla data della entrata in vigore della legge".

Di Pietro: "Ora referendum". Antonio Di Pietro non ha attaccato Napolitano dopo la decisione. "Cosa fatta capo ha", ha commentato in una nota il leader dell'Idv, annunciando il ricorso al referendum. "Per quanto ci riguarda non perderemo neppure un momento a disquisire di chi sia la colpa e, soprattutto, a chi giovi questo provvedimento che riteniamo incostituzionale e immorale. Per questo, chiederemo direttamente ai cittadini, tramite referendum, come abbiamo fatto con il lodo Alfano, se sono d'accordo sul fatto che in uno stato di diritto, come riteniamo debba essere il nostro, si possa accettare che alcune persone non vengano sottoposte a processo come succede a tutti gli altri cittadini quando vengono accusati di aver commesso un reato".
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