Volevo dire che io me ne fotto.

Per intenderci, volevo dire che io me ne fotto della multa Agcom ai telegiornali italiani, me ne fotto del "riequilibrio" a cui dovranno sottostare, e in un certo senso - ora capirete - me ne fotto pure del risultato dei ballottaggi. Lo so che in questo Paese le anomalie tendono a valori prossimi all'infinito, che le parole della nostra classe dirigente valgono quanto la chiusura di una moschea a #Sucate di sotto, ma non possiamo dimenticare - lo stiamo facendo - che Silvio Berlusconi ha già perso. Silvio Berlusconi si sarebbe già dovuto dimettere, 8 giorni fa. Per settimane c'ha fracassato tibie e peroni, dicendo che il voto di Milano andava preso come un referendum sulla sua persona, "se mi volete bene votatemi", "è certo, viciamo al primo turno", trasformando un'elezione amministrativa, locale, in una sorta di giudizio universale, papale. E ha perso. "Datemi almeno 53 mila preferenze, altrimenti la sinistra mi fa il funerale". Ne sono arrivate la metà, ha perso a Milano, ha perso ad Arcore, ha perso a Villa Certosa, ha perso in tutti i luoghi simbolo della sua avventura politica ed imprenditoriale. Non gliel'avevamo chiesto noi cittadini, di mettere a sistema la carica di Presidente del Consiglio, con il voto milanese. Non era necessario. L'ha fatto, ed il risultato è stato devastante. Lui incredulo, umiliato, la Moratti muta, allibita. Nella vita reale, e nei Paesi seri, sconfitte del genere comportano dei cambiamenti. Delle scuse ufficiali, una stretta di mano, ed un solenne adieu. Qui non è successo niente di tutto questo. E noi lo abbiamo permesso. Silvio Berlusconi - codardo, nascosto, con la coda tra le gambe - è stato zitto per giorni. Poi l'invasione catodica, su tutti i telegiornali. Le solite calunnie, le solite menzogne, come se niente fosse, come se il giudizio popolare - pensa un po', proprio lui - non ci fosse mai stato. In quelle finte interviste di quei finti telegiornali, nessun finto giornalista gliene ha chiesto conto. "Le sue parole sono state chiare, Presidente: perché non si è ancora dimesso?".

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