doc Il Papa, la Sapienza e il caos generato dal loro mancato incontro
_ scritto il 21.01.2008 alle ore 13:48 _ 4311 letture
Io mi sono stufato. Mi sono stufato di vedere gente parlare a vanvera, difendere l'una o l'altro posizione, protestare, manifestare sconcerto e indignazione, quando non sa minimamente di che diavolo sta parlando. Si grida all'intolleranza o addirittura, mi fa notare il buon Gobb sul suo blog, all'attentanto alla libertà di parola!!! Libertà di parola?! Intolleranza?! Ragazzi miei, ma volete aprire gli occhi e per una volta volete usarli per la funzione che madre natura gli ha gentilmente donato? Ci vogliamo informare prima di sparare stronzate? E allora, eccovi serviti... facciamo un po' l'avvocato del diavolo.

Tutto è nato da una lettera, scritta da Marcello Cini (che è professore emerito della facoltà di Scienze e da cinquanta anni ne fa parte... non certo l'ultimo arrivato) e indirizzata al Rettore dell'Università La Sapienza. Eccola qui, i grassetti sono miei. Leggetela con attenzione.


Marcello Cini, citato a sua volta su Step1 Magazine


Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell'agenzia di stampa Apcom che recita: «è cambiato il programma dell'inaugurazione del 705esimo Anno Accademico dell'università di Roma La Sapienza, che in un primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi a ascoltare la Lectio Magistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia di inaugurazione, e il ministro dell'Università Fabio Mussi invece non ci sarà più».
Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico.

Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico - rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università - da più 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.
Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis, tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo uffizio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.
Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più. «Nel profondo... si tratta - cito testualmente - dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'intima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».
Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all'imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda (sul perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccettabile del nostro ascoltare e rispondere».
Al di là di queste circonlocuzioni il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino. Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.
Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudorazionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria darwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?
Non riesco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell'immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il Papa inaugura l'Anno Accademico dell'Università La Sapienza».

Marcello Cini



Adesso fermi tutti, apriamo una piccola parentesi sul termine laicismo che ultimamente viene utilizzato moltissimo, ed ahimé anche mal interpretato (eppure parliamo tutti italiano mi sembra... mah...).




lai|cì|smo
s.m.
CO
1 corrente di pensiero che rivendica l'autonomia dello stato dall'autorità ecclesiastica sul piano politico, sociale e culturale
2 estens., atteggiamento di chi è laico, di chi intende essere consapevolmente indipendente da scelte aprioristiche e da dogmi religiosi, etici, ideologici, ecc.



E' chiaro? Laico non vuol dire non-credente!!! La laicità è l'atteggiamento di chi vuole mantenere il proprio pensiero coerente e logico, ben lontano da influenze religiose o di fede, qualsiasi essa sia. Un ateo può essere laico. Un religioso può essere laico. Le due cose non si escludono a vicenda, semplicemente denotato la forma mentis di tenerle ben separate. E' chiaro?

Proseguiamo...

Successivamente un gruppo di docenti dell'Università si unisce al coro contro la visita del Papa scrivendo la seguente lettera:


Gruppo di docenti citati a loro volta su Step1 Magazine


Magnifico Rettore,
con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza.
Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.
In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato.
Le porgiamo doverosi saluti,
Gabriella Augusti Tocco, Luciano M. Barone, Carlo Bernardini, Maria Grazia Betti, Enrico Bonatti, Maurizio Bonori, Federico Bordi, Bruno Borgia, Vanda Bouche', Marco Cacciani, Francesco Calogero, Paolo Calvani, Paolo Camiz, Mario Capizzi, Antonio Capone, Sergio Caprara, Marzio Cassandro, Claudio Castellani, Flippo Cesi, Guido Ciapetti, Giovanni Ciccotti, Guido Corbo', Carlo Cosmelli, Antonio Degasperis. Francesco De Luca, Francesco De Martini, Giovanni Destro-Bisol, Carlo Di Castro, Carlo Doglioni, Massimo Falcioni, Bernardo Favini, Valeria Ferrari, Fernando Ferroni, Andrea Frova, Marco Grilli, Maria Grazia Ianniello, Egidio Longo, Stefano Lupi, Maurizio Lusignoli, Luciano Maiani, Carlo Mariani, Enzo Marinari, Paola Maselli, Enrico Massaro, Paolo Mataloni, Mario Mattioli, Giovanni Organtini, Paola Paggi, Giorgio Parisi, Gianni Penso, Silvano Petrarca, Giancarlo Poiana, Federico Ricci Tersenghi, Giovanni Rosa, Enzo Scandurra, Massimo Testa, Brunello Tirozzi, Rita Vargiu, Miguel A. Virasoro, Angelo Vulpiani, Lucia Zanello.



Adesso, dopo aver letto attentamente le due lettere, potete rivedere con occhi (forse) diversi l'intera vicenda. Andate a rileggere tutti i commenti che si sono fatti, tutti gli articoli che sono stati scritti. Solo a questo punto potete prendere una posizione informata.

Lasciando il mio temporaneo ruolo di avvocato del diavolo, ammetto che la situazione è piuttosto delicata e che ci sono moltissimi fattori in gioco, ma se invece di scattare come molle immediatamente, ci fermiamo a riflettere (oooh! che strana, nuova parola, eh? ...), riusciamo a capire che il nostro non è il solo punto di vista.

Ho voluto evidenziare alcuni punti della lettera di Cini perché mi sembravano abbastanza caratteristici del tipo di discorso che stava affrontando. Concordo sulle ragioni di fondo che hanno spinto il professore, e i vari docenti, a esprimere il loro rammarico per questa iniziativa. Le idee espresse sono sensate. Leggete attentamente la lettera, non c'è intolleranza ma solo coerenza con il pensiero scientifico. Ricordate il discorso sul laicismo che vi ho fatto poco sopra? Ciò che le due lettere esprimono è sostanzialmente un ribadire che le due sfere, scienza e fede, devono rimanere ben distinte, e che quindi una visita del genere del Papa all'Università sarebbe risultata oltremodo fuori luogo. Tutto qui.

No... sul serio... è tutto qui!

Vi rendete conto del casino che è stato montato su? Si parla addirittura di riduzione dei fondi alla Sapienza da parte della Comunità Europea.
Io mi sono veramente stancato di questa schifosa tendenza a strumentalizzare ogni cosa. Dove diamine è finito il dialogo? In Italia ormai non si fa altro che urlare, urlare e inveire. E la cosa più sconcertante è che la gente gira la testa verso chi urla più forte.

S V E G L I A ! Quella cosa che c'e' tra le orecchie serve per pensare...
Darsch
_ chiavi di lettura:scienza, società, fede, laicità

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