doc [Campagna Cthulhu "Quello sporco quintetto"] Background del mio personaggio
_ scritto il 21.04.2015 alle ore 12:21 _ 3249 letture
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Jean-Baptiste Emmanuel Szörg
(detto Jean)

Nato nel 1890 a Losanna da genitori francesi impiantati in Svizzera, ha sempre avuto la passione per le scienze, in particolare quelle riguardanti il mondo microscopico. Durante la scuola dell'obbligo (a rigoroso indirizzo scientifico) ha maturato insolite capacità analitiche nell'ambito della chimica, che gli sono valse il soprannome "l'homme microscope". Terminati gli studi ha brancolato nel buio dell'indecisione per qualche mese, poco convinto sugli indirizzi disponibili nell'università della sua città, fino a quando un agente investigativo amico di suo padre non gli ha confidato di conoscere una sorta di "scienziato pazzo" che aveva in mente un progetto che forse poteva interessargli.

Fu così che - durante i primi, freddissimi mesi del 1909 - fece la conoscenza del professor Rudolphe Archibald Reiss, criminologo esperto e scienziato di grandi capacità, che proprio in quel periodo aveva dato vita all'"Institut de police scientifique", il primo corso universitario in scienze forensi della storia. Fu amore a prima vista, una sorta di folgorazione: la scuola era all'avanguardia e Reiss si dimostrò un pionere nel campo. Aveva finalmente trovato la sua vocazione! I successivi 6 anni volarono e lui affinò a tal punto le sue capacità che non appena si ritrovò col diploma in mano gli venne subito proposto di entrare a far parte della polizia metropolitana di Losanna, nel neonato reparto della "Police scientifique".

Le sue mansioni erano legate in modo indissolubile all'importanza che una visione analitica e razionale aveva nell'esame di una scena del crimine. La celebre frase del Dr. Edmond Locard "ogni contatto lascia una traccia" non poteva essere più azzeccata: impronte digitali, fluidi corprei, tracce organiche e inorganiche, impronte, trasformazioni chimiche e qualsiasi altro tipo di indizio erano lì, sotto i suoi occhi, in attesa di essere scoperti, compresi e infine indagati. Il grosso del lavoro lo svolgeva in ufficio, nel suo laboratorio pieno zeppo di macchinari altamente sofisticati, ampolle e microscopi di ogni tipo, ma non poteva esistere analisi senza campione, dunque la raccolta delle prove era un aspetto che curava molto. Non usciva mai di casa senza la sua "valigia degli attrezzi" e, dopo un episodio poco piacevole accaduto nei primi anni di attività (era stato aggredito da uno squilibrato), il suo capo non lo faceva avvicinare ad una scena senza essere sicuro che fosse provvisto della sua pistola d'ordinanza. Odiava quell'arma, ma era un male necessario e il corso all'accademia della polizia che era stato costretto a seguire tutto sommato gli aveva garantito un minimo di sicurezza e capacità difensive.

Per i successivi 10 anni la sua vita è stata un crescendo di soddisfazioni e conquiste, fino a quel maledetto giorno di agosto del 1927. Aveva ricevuto una chiamata per una scena del crimine, tutto nella norma, era la sua routine quotidiana. L'indirizzo che gli era stato comunicato non era lontano da casa sua e aveva qualcosa di familiare, ma lì per lì non ci aveva fatto caso, preso com'era dalla preparazione della sua valigia. Durante il tragitto un piccolo presentimento ha iniziato a farsi strada dentro di lui, e man mano che si avvicinava alla casa si è trasformato in certezza e poi in panico: quella era la casa di Körbén, il suo amico d'infanzia, forse l'unica persona al mondo a cui avesse mai voluto davvero bene. Ancora oggi la memoria si offusca sempre quando torna indietro a quella mattina. Ricorda di essere schizzato in casa e di aver trovato il suo miglior amico in piedi nel soggiorno. Aveva gli occhi fissi sul cadavere di sua moglie e farfugliava qualcosa su un balordo che era entrato da una finestra e l'aveva accoltellata. Ma a lui erano bastati 5 minuti per capire la verità. Il sangue non mente e le prove erano lì davanti ai suoi occhi. Ricorda di essersi girato verso il suo amico in un unico, penetrante e furioso sguardo accusatorio. E ricorda di aver incontrato gli occhi di una persona disperata, che non si rendeva minimamente conto di come era stato capace di compiere un gesto simile. A quel punto non ha potuto resistere: contro tutti i solidi principi morali e professionali che avevano sempre guidato il suo operato, Jean ha manipolato le prove a favore del suo amico, sicuro del fatto che quell'atto così efferato non gli apparteneva.

Nonostante fosse stato scagionato da qualsiasi accusa, Körbén si suicidò una settimana dopo, incapace di sostenere un peso del genere. Jean piombò in una spirale di depressione così profonda che il suo capo fu costretto a sospenderlo dal servizio fino a data da destinarsi. Dopo un paio di mesi di stenti, in cui a malapena si trascinava dall'altra parte della strada per comprare il pane e il latte, prese una decisione drastica: aveva bisogno di cambiare definitivamente aria. Si mise così a cercare nei vari distretti di polizia europei che in quegli anni si stavano attrezzando per inserire nella loro struttura un reparto di scienze forensi, e con qualche difficoltà - e il prezioso aiuto del prof. Reiss - riuscì a mettersi in contatto con quello di Londra che a quanto sembrava aveva tra le mani un caso complesso dall'altra parte dell'oceano. L'ideale per fuggire dai suoi fantasmi.

Partì per New Orleans il mese successivo con l'intenzione di cambiare vita e con la speranza che la nuova esperienza potesse servire in qualche modo ad alleviare l'ingombrante macigno che aveva costantemente sullo stomaco.


Darsch
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